Congedi parentali

Congedi parentali

Il congedo parentale è il diritto ad un periodo di 10 mesi di astensione dal lavoro, il quale spetta sia alla madre sia al padre lavoratori; occorre ripartirlo tra i due e beneficiarne nei primi 12 anni di vita del bambino.

Il decreto legislativo in vigore dal 13 agosto 2022 ha introdotto molte novità sul tema, le quali si possono riassumere in tal modo:

  • ad ogni genitore, preso singolarmente, fino al dodicesimo anno (non più fino al sesto anno) di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) spetta un periodo indennizzabile di 3 mesi, non trasferibili all’altro genitore;
  • entrambi i genitori hanno diritto, in alternativa tra loro, a un ulteriore periodo indennizzabile della durata complessiva di 3 mesi, per un periodo massimo complessivo indennizzabile tra i genitori di 9 mesi (in precedenza erano 6 mesi).

Al genitore solo sono riconosciuti 11 mesi (in precedenza 10 mesi) continuativi o frazionati di congedo parentale, di cui 9 mesi (in precedenza 6 mesi) indennizzabili al 30% della retribuzione. Rientra nella definizione di “genitore solo” anche l’ipotesi di affidamento esclusivo del figlio.

In relazione ai periodi di congedo parentale oltre i 9 mesi indennizzabili per la coppia di genitori o per il genitore solo, è dovuta, fino al dodicesimo anno (e non più fino all’ottavo anno) di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento), un’indennità pari al 30% della retribuzione, a condizione che il reddito individuale dell’interessato sia inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria.

In presenza di figli con disabilità è prevista la possibilità di estendere fino a tre anni il congedo parentale, fino al dodicesimo anno di età del bambino, con un’indennità del 30% per tutto il periodo di congedo.

In alternativa al prolungamento fino a 3 anni del congedo parentale (art. 33 D.Lgs. 151/2001) i genitori possono usufruire di due ore di permesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di vita del bambino.

Congedo di paternità: Obbligatorio

Il legislatore con la L. 92/2012 (c.d. Legge Fornero) ha previsto in via sperimentale e transitoria un congedo obbligatorio di paternità nella misura di un solo giorno per gli anni 2013-2015. La misura è stata poi prorogata e anche la sua durata ha subito varie modificazioni, fino alla Legge di Bilancio 2021 (L. 178/2020), che l’ha definitivamente stabilita in 10 giorni, prevedendone la fruizione anche in caso di morte perinatale del figlio.

Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 105/2022, dal13 agosto 2022 il padre lavoratore dipendente ha diritto ad un congedo di paternità obbligatorio per un periodo di 10 giorni lavorativi (20 in caso di parto plurimo) indennizzati al 100%. Il dipendente è tenuto a comunicare in forma scritta al datore di lavoro, con un preavviso non minore di cinque giorni (salvo diverse previsioni del CCNL applicato), le giornate di fruizione.

La fruizione può decorrere dai 2 mesi precedenti la data presunta del parto ed entro i 5 mesi successivi:

  • in misura intera (frazionabile a giorni ma non a ore);
  • anche in via non continuativa;
  • contemporaneamente o successivamente al congedo di maternità della madre;
  • anche da parte del padre che fruisce del congedo di paternità alternativo ma non nelle stesse giornate (nelle ipotesi di sovrapposizione dei periodi, prevale la fruizione del congedo di paternità alternativo);
  • anche da parte del padre adottivo o affidatario.

Il datore di lavoro che rifiuta o ostacola l’esercizio di tale diritto, è passibile di una sanzione amministrativa da € 516 a € 2.582 oltre al diniego della certificazione per la parità di genere per i due anni successivi la violazione.

Come chiarito dall’INL con nota n. 2414 del 6 dicembre 2022, le disposizioni sul divieto di licenziamento e sull’indennità di mancato preavviso in caso di dimissioni si applicano anche nei casi in cui la nascita sia avvenuta prima del 13 agosto 2022, a condizione che il congedo di paternità sia stato fruito, anche solo parzialmente, dopo tale data.

Il congedo per il padre spetta anche in caso di morte perinatale del figlio (art. 1, c. 25, L. 178/2020; Circ. INPS 11 marzo 2021 n. 42). Il congedo può essere fruito anche in caso di:

  • figlio nato morto dal primo giorno della 28° settimana di gestazione. In questo caso il periodo di 5 mesi entro cui fruire dei giorni di congedo decorre dalla nascita del figlio, che coincide anche con la data di decesso;
  • decesso del figlio nei primi 28 giorni di vita dello stesso (compreso il giorno della nascita). Il periodo di 5 mesi entro cui fruire dei giorni di congedo decorre comunque dalla nascita del figlio e non dalla data di decesso.

Congedo di paternità: Alternativo

Il padre lavoratore ha inoltre diritto al congedo di paternità alternativo (art. 28, D.Lgs. 151/2001) in sostituzione della madre, in presenza di situazioni particolarmente gravi. Il datore di lavoro che rifiuta, si oppone o ostacola l’esercizio dei diritti di assenza dal lavoro è punito con l’arresto fino a sei mesi e il diniego della certificazione di parità di genere.

Riposi giornalieri

Durante il primo anno di vita del bambino la lavoratrice madre ha diritto a fruire di periodi di riposo giornalieri retribuiti (c.d. permessi per allattamento), potendo anche uscire dall’azienda. Le ore di permesso sono considerate lavorative a tutti gli effetti.

La durata dei permessi varia in base all’orario giornaliero della lavoratrice:

  • orario di lavoro giornaliero pari o superiore a 6 ore: 2 ore di riposo (anche cumulando due riposi di 1 ora ciascuno);
  • orario di lavoro giornaliero inferiore a 6 ore: 1 ora di riposo.

Se in azienda o nelle immediate vicinanze è presente un asilo nido o un’altra struttura idonea, i periodi di riposo sono di mezz’ora ciascuno. I riposi sono raddoppiati nel caso di parto plurigemellare, a prescindere dal numero di figli nati.

La lavoratrice deve presentare domanda prima dell’inizio del periodo di riposo al datore di lavoro ed è tenuta a comunicare eventuali variazioni successive.

Le ore di riposo sono retribuite come normale orario di lavoro, con un’indennità a carico dell’INPS, pari alla retribuzione percepita nel periodo divisa per il divisore orario previsto dal contratto collettivo. La quota oraria deve essere maggiorata dei ratei orari delle mensilità aggiuntive e delle voci ricorrenti non comprese nella mensilità ordinaria.

Il padre lavoratore ha diritto a fruire dei riposi, in base al proprio orario giornaliero di lavoro, nelle ipotesi di:

  • affidamento del figlio al solo padre;
  • morte o grave infermità della madre;
  • in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvale per scelta o perché appartenente a categoria non avente diritto (ad esempio perché lavoratrice domestica o a domicilio);
  • madre lavoratrice autonoma o casalinga.

 

Malattia dei figli

La madre lavoratrice, in alternativa al padre e indipendentemente dal fatto che questi abbia un suo autonomo diritto, può fruire di permessi non retribuiti per le malattie di ciascun figlio. Più precisamente, fino al compimento del terzo anno del figlio entrambi i genitori possono alternativamente astenersi dal lavoro per la malattia del minore, senza limiti temporali. Dai tre agli otto anni, ciascun genitore ha diritto a 5 giorni lavorativi ogni anno per le malattie del figlio. Il ricovero ospedaliero del/la figlio/a interrompe, su richiesta, l’eventuale fruizione delle ferie da parte del genitore.

Il diritto di astenersi dal lavoro per cinque giorni decorre dal giorno successivo al compimento del terzo anno di età e fino agli otto anni, compreso il giorno del compimento dell’ottavo anno di età (Interpello Min. Lav. 19 agosto 2008 n. 33).

La nozione di malattia del bambino è diversa da quella del lavoratore o della lavoratrice poiché comprende anche la convalescenza oltre alla fase patologica (Cass. 4 aprile 1997 n. 2953) da ciò deriva che l’assenza del lavoratore o della lavoratrice, dovuta a malattia del/la figlio/a, non è soggetta agli ordinari controlli previsti per la malattia del lavoratore.

Nel settore privato tali congedi non sono retribuiti, tuttavia i contratti collettivi possono prevedere condizioni di miglior favore.

Agevolazioni per assunzioni in sostituzione

Per i datori di lavoro che assumono per sostituire personale (dipendente o lavoratrici autonome) assente per maternità, è previsto uno sgravio contributivo, limitatamente alla quota a carico del datore di lavoro e dei premi assicurativi INAIL del 50%. L’assunzione deve avvenire con contratto a termine, anche part-time.

Il beneficio si applica a favore delle aziende:

  • con meno di 20 dipendenti che assumono per sostituire lavoratori subordinati in maternità (congedo di maternità o di paternità, congedo parentale e congedo per malattia del figlio). In tal caso l’agevolazione si applica fino al compimento di un anno di età del figlio del lavoratore o della lavoratrice in congedo o, nel caso di minore adottato o in affidamento, per un anno dal suo ingresso nel nucleo familiare;
  • in cui operano lavoratrici autonome (coltivatrici dirette, mezzadre e colone, artigiane ed esercenti attività commerciali) in astensione dal lavoro per maternità.

È ammesso un periodo di affiancamento tra lavoratore da sostituire e sostituto, sia prima dell’assenza, sia al rientro del sostituito. L’assunzione può essere effettuata con un anticipo fino ad un mese (salvo diverse previsioni della contrattazione collettiva) rispetto al periodo di inizio del congedo del sostituito. L’agevolazione è riconosciuta anche quando si ricorre al contratto di somministrazione a termine.

L’agevolazione si applica anche se la lavoratrice sostituita opta per la flessibilità del congedo comunicando la scelta al datore di lavoro quando è già intervenuta l’assunzione del sostituito (Mess. INPS 20 gennaio 2011 n. 1382).

Se per la sostituzione si assumono uno o più lavoratori part-time, il beneficio spetta se la sommatoria dell’orario di lavoro svolto dai sostituti è pari o comunque non superiore a quello del sostituito (Mess. INPS 14 febbraio 2001 n. 28; Risp. Interpello Min. Lav. 12 aprile 2005 n. 391).

Il beneficio contributivo prescinde dalla corrispondenza tra la qualifica del sostituto e quella del sostituito ed è inoltre possibile disporre l’utilizzazione del personale mediante spostamenti interni, anche attraverso un insieme di sostituzioni successive per scorrimento a catena, sempre che vi sia una correlazione, di tipo causale tra l’attività del sostituto e quella del soggetto sostituito.

L’azienda deve attestare il possesso del requisito occupazionale, se richiesto, presentando un’autocertificazione alla competente sede INPS, dichiarando che l’assunzione dei lavoratori a termine è effettuata in sostituzione di dipendenti in congedo di maternità (anche anticipato), facoltativo nel primo anno di età del bambino o per malattie del bambino di età non superiore ad un anno.

Ai fini del calcolo del requisito occupazionale (meno di 20 dipendenti), che deve essere posseduto dall’azienda al momento dell’assunzione del lavoratore, si considerano i lavoratori:

  • che ricoprono qualunque qualifica (compresi, ad esempio, i lavoratori a domicilio e i dirigenti);
  • assenti, anche senza diritto alla retribuzione, tranne nel caso in cui in loro sostituzione siano stati assunti altri lavoratori (vengono computati questi ultimi);
  • part-time, che si computano in proporzione all’orario effettivamente svolto.

Sono invece esclusi dal calcolo gli apprendisti.

Palermo, 7 febbraio 2023

Avv. Dott. Angelo Pisciotta